Venerdì scorso è iniziata la 18ma edizione della Coppa d'Asia, torneo che si disputerà in Qatar fino al 10 febbraio. Sono stati proprio i padroni di casa a dare il via ai giochi, travolgendo il Libano con un netto 3-0. Una competizione che offre diversi motivi di interesse: c'è innanzitutto curiosità per vedere all'opera giocatori già affermati in Europa e altri che potrebbero sfruttare questo palcoscenico per mettersi in mostra, così come per vedere se verranno confermati (o ribaltati) i pronostici che indicano il Giappone come favorita assoluta.

Giappone, quanto talento!

La selezione nipponica, infatti, mette d'accordo sia i bookmakers che gli addetti ai lavori: nonostante alcune assenze (tra cui il laziale Kamada), appare come la squadra da battere. I risultati ottenuti negli ultimi tempi, del resto, parlano chiaro: nello scorso Mondiale, il Giappone riuscì a vincere con pieno merito un girone con Spagna e Germania e, nel corso del 2023, ha ottenuto altre vittorie di prestigio, tra le quali spicca quella per 1-4 in casa della stessa Germania e costata la panchina all'ex C.T. tedesco Flick. Ai nastri di partenza, quella guidata da Moriyasu sembra essere quindi la nazionale più completa del torneo, potendo contare su un collettivo che gioca a memoria, ricambi importanti in tutti i ruoli e con diverse individualità sopra la media: basti pensare all'esperienza garantita da giocatori come Tomiyasu ed Endo, rispettivamente in forza ad Arsenal e a Liverpool, e al talento dei vari Kubo (Real Sociedad), Minamino (Monaco), Doan (Friburgo) e Mitoma (stella del Brighton di De Zerbi). Volendo trovare un difetto, forse al Giappone manca un centravanti prolifico, in grado di capitalizzare le occasioni: i pur validi Asano e Maeda, infatti, sono più attaccanti di movimento. L'esordio con il Vietnam, vinto in rimonta per 4-2 dopo essersi ritrovati a un certo punto sotto nel punteggio, suona però come un piccolo campanello d'allarme: altri cali di concentrazione, quando il gioco si farà più duro, non saranno più consentiti.

Le altre pretendenti: dalla Corea del Sud di Son all'Iran di Azmoun

La rivale storica del Giappone, la Corea del Sud, è l'altra grande favorita della vigilia. Negli ultimi tempi il rendimento della nazionale ora guidata da Klinsmann è stato più altalenante rispetto al ruolo da schiacciasassi dei nipponici, ma - a ben vedere - il talento di cui dispone non è affatto inferiore, anzi. La Corea del Sud può infatti contare su quelli che, in questo momento, sono i due migliori calciatori asiatici in assoluto (naturalmente Son Heung-min del Tottenham e Kim Min-jae del Bayern), ma anche sulla classe di Lee Kang-in (che si sta ritagliando un certo spazio al PSG), sulle geometrie in mezzo al campo di Hwang In-beom, sui colpi di Hwang Hee-chan (protagonista di un grande avvio di stagione con il Wolverhampton) e sull'ottimo stato di forma del centravanti Cho Gue-sung. Paradossalmente, è la tradizione sfavorevole nella competizione il più grande nemico dei sudcoreani, capaci di aggiudicarsi le prime due edizioni della Coppa d'Asia (nel 1956 e nel 1960), per poi però rimanere all'asciutto e non alzare più il trofeo. Un rendimento inspiegabile per la nazionale asiatica che detiene il record di partecipazioni mondiali (11 totali, di cui 10 consecutive) e del miglior piazzamento ottenuto sempre in un Mondiale (il quarto posto del 2002). 

L'altra grande storica del calcio asiatico è l'Iran, il cui principale punto di forza è senza dubbio la coppia d'attacco formata dal bomber del Porto Taremi e dal romanista Azmoun, ovvero il tandem offensivo più temibile del Continente. Alle loro spalle, a ispirarli, Jahanbakhsh, tornato ai suoi livelli con il Feyenoord dopo l'esperienza sottotono in Premier League. Per il resto, quella iraniana è una squadra esperta, solida, con un'ottima fase difensiva: se riuscirà a lasciarsi alle spalle le polemiche e le tensioni con il regime locale, potrà sicuramente dire la sua e ambire alla vittoria finale. L'inizio lascia ben sperare: nel match d'esordio, infatti, Azmoun (in gol) e compagni hanno travolto per 4-1 la Palestina, in una partita ovviamente dai molteplici significati.

Un discorso a parte lo merita l'Australia, asiatica solo nominalmente, da sempre temibile soprattutto per la sua forza fisica, decisamente superiore rispetto alla media. I tempi in cui i Socceroos potevano schierare elementi del calibro di Cahill, Kewell o Viduka sono lontani, ma guai a sottovalutare i giocatori in maglia gialloverde: lo hanno dimostrato anche nell'ultimo Mondiale, raggiungendo gli ottavi e facendo patire fino all'ultimo Messi e compagni.

Non si può non citare tra le favorite chiaramente il già citato Qatar, padrone di casa nonché detentore del trofeo (conquistato nel 2019), desideroso di riscattarsi dopo il disastroso Mondiale casalingo disputato poco più di un anno fa. Non va sottovalutato nemmeno l'Iraq, che oltre ad avere un certo feeling con la competizione (vinta, a sorpresa, nel 2007), ha mostrato una certa crescita, anche a livello giovanile. Nel mondo arabo, però, la nazionale più attesa è un'altra: ci riferiamo naturalmente all'Arabia Saudita, i cui ingenti investimenti della scorsa estate hanno colpito profondamente l'intero mondo del calcio. Investimenti che, come ben sappiamo, non hanno riguardato soltanto le squadre di club, ma anche la nazionale, che ha strappato all'Italia Roberto Mancini, offrendogli un contratto faraonico. I risultati fin qui ottenuti non sono stati esaltanti, in controtendenza rispetto a quanto mostrato dall'Arabia Saudita negli scorsi Mondiali, quando "i figli del deserto" furono gli unici in grado di battere i futuri campioni del Mondo dell'Argentina. Il Mancio è stato così costretto ad apportare qualche modifica tattica nella formazione titolare, pur confermando la leadership tecnica al numero 10 Al-Dawsari, il giocatore più dotato.

E le altre partecipanti? La Cina sembra indietro, i progressi faticano a intravedersi: il passaggio del turno dovrebbe essere alla portata, ma il pareggio a reti bianche con il Tagikistan non lascia ben sperare. C'è curiosità di vedere all'opera l'India, ancora trascinata dal 39enne Sunil Chhetri (con 93 reti segnate, il secondo marcatore più prolifico nella storia del calcio per nazionali dopo Cristiano Ronaldo), ma capitata in un girone ostico con Australia (con cui ha già perso 2-0), Siria e Uzbekistan. Proprio l'Uzbekistan, seppur orfano del suo giocatore più rappresentativo (il "nostro" Shomurodov, indisponibile a causa della frattura del secondo metatarso del piede destro), si candida a un ruolo di possibile outsider: occhio in particolare a Urunov, fantasista dai piedi buoni, e al rapidissimo Fayzullaev, talentino classe 2003 tra le rivelazioni del girone d'andata della Russian Premier League con la maglia del CSKA Mosca. Rischia invece di predicare un po' nel deserto Musa Al-Taamari, ala destra che si sta mettendo in luce nel Montpellier, stella della Giordania. L'unica certezza, in ogni caso, è che le sorprese in Coppa d'Asia non mancheranno. Un motivo in più per seguirla con grande attenzione.

 

Alberto Farinone

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