Pure lui non riuscì a entrare tra le prime otto d’Europa, quando era al timone di una delle Nazionali più criticate di sempre. La sua avventura si chiuse al primo turno in Inghilterra nel 1996, fatto fuori dalla Germania e dalla Repubblica Ceca, future finaliste di quella edizione. Qualche mese più tardi, stroncato dalle critiche, Arrigo Sacchi sarebbe scappato dalla guida dell’Italia, credendo di tornare nella sua comfort zone in rossonero: avrebbe fatto flop pure al Milan. Piuttosto che mostrare solidarietà a Luciano Spalletti, però, oggi l’ex profeta di Fusignano si associa ai suoi fustigatori.
Durissimo l’affondo dell’ex Ct dalle pagine della Gazzetta dello Sport dopo la prestazione, a dire il vero deprimente, degli Azzurri contro la Svizzera, costata la precoce eliminazione agli Europei giĂ agli ottavi di finale: “Che cosa volete che dica su una partita del genere? L’Italia non ha giocato, non c’è stato un calciatore azzurro che abbia fatto qualcosa degno di nota, che abbia impressionato o che, perlomeno, abbia dimostrato di avere un’idea”. Una bocciatura su tutta la linea quella di Sacchi, che non risparmia giudizi impietosi: “Zero assoluto”.Â
Il requiem prosegue: “La Svizzera ci è stata superiore in tutto: grinta, tecnica, tattica, spirito di sacrificio. La squadra di Spalletti, fin dall’inizio, pareva imbambolata”. Quindi una serie di domande destinate a rimanere senza risposta, domande che probabilmente accomunano Arrigo Sacchi ai tifosi comuni della Nazionale, rimasti disorientati di fronte alla scialba prestazione degli Azzurri. Molti quelli che, a un certo punto, hanno spento la tv e si sono dati alla fuga. L’ex tecnico invece è rimasto sul divano fino alla fine: “Davanti alla tv mi sono chiesto: possibile che siamo caduti così in basso? Possibile che giocatori strapagati non siano capaci d’interpretare un’azione avversaria e di contrastarla in modo efficace? Possibile che, con il pallone tra i piedi, nessuno abbia il senso del gioco, del ritmo, del palleggio?”.
Per Sacchi c’è un vizio di fondo nel calcio italiano, un problema che in qualche maniera bisognerebbe affrontare mentre è rinviato sine die da chissà quanto tempo: quello dei vivai, dei settori giovanili e degli investimenti per potenziarli. Ci sono troppi stranieri nei vivai secondo Sacchi: “Il nostro calcio ha bisogno di un profondo rinnovamento. I settori giovanili sono imbottiti di troppi stranieri”. Il che è sicuramente vero, anche se l’invasione straniera non ha impedito alle formazioni giovanili azzurre di laurearsi campioni d’Europa sia nella Under 17 che nell’Under 19. Insomma, i talenti nei settori giovanili italiani ci sono. La domanda vera, piuttosto, dovrebbe essere: che fine fanno?
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