Balotelli Calimero è diventato buono, ma resta smemorato: tutte le verità che non ha detto

SuperMario accolto da star al Festival dello sport, l’attaccante sogna ancora la Nazionale e ricorda i momenti felici all’Inter e con Mancini

Le verità non dette su SuperMario
SuperMario sincero e smemorato a Trento – Sportevai

Che sia cambiato è probabile, il tempo delle balotellate è passato, del resto a 35 anni suonati tante cose non te le puoi più permettere: è più buono Mario Balotelli oggi, meno irascibile, meno spaccone (anche se sempre un po’ autoreferenziale), più propenso a ringraziare chi lo ha aiutato che a criticare chi lo ha ostacolato ma nell’ampio intervento tenuto al Festival dello sport di Trento Supermario è apparso anche un po’ smemorato, visto che ha omesso diverse verità sulla sua storia calcistica.

I ringraziamenti a Moratti e Mancini

Della sua infanzia si sa tutto, dalle partitelle per strada e al parco col fratello Enoch al passaggio al Lumezzane fin quando non lo prese l’Inter che era ancora un ragazzino. Il mito di SuperMario nasce lì, in nerazzurro: nessuno alla sua età era così potente fisicamente, con un tiro micidiale. E le sue prime partite illusero un po’ tutti. Balotelli ringrazia Moratti e Mancini, dice di voler bene a tutti anche a Mourinho ma dimentica le liti negli spogliatoi, le tirate d’orecchie di Materazzi, le bravate che hanno infastidito i tifosi.

Le balotellate al City

Capitolo City, anche qui Balotelli trova scuse: “Ero da solo, lontano da casa. La prima volta che affrontavo la vita da solo. Così fai cose giuste, altre meno. E così maturi. La maglietta Why always me? Era un periodo particolare, la feci prima della partita con il magazziniere. Fu solo uno sfogo simpatico. In Inghilterra la stampa con me ha esagerato”. O forse aveva esagerato lui con i 3-4 incidenti stradali paurosi o quando fu sorpreso alla finestra del centro di allenamento della squadra, a Carrington, mentre bersagliava di freccette i ragazzi delle giovanili.

Che sia stata una vera rockstar del calcio europeo è indubbio ma l’accezione non è sempre positiva. La vera fortuna di Balotelli è stata avere un agente rispettato come Mino Raiola, che riusciva sempre a piazzarlo ovunque, specie alle big, anche se era reduce da anni incolori (oggi è più difficile): “Dopo il City dovevo andare alla Juve, ero già in viaggio per Torino ma poi Raiola mi mandò al Milan”. Più faceva bravate, più dissipava il suo talento e più guadagnava andando sempre a crescere. In campo però raramente arrivava in doppia cifra.

L’addio alla Nazionale

Capitolo Nazionale, qui Balotelli si è infervorato: “Per me è stato un passaggio fondamentale. Non voglio fare polemica, ma mi sembra che oggi non ci sia più quell’attaccamento che avevamo noi. Io quando andavo in Nazionale ero fiero di giocare per l’Italia, il mio paese. Lo volevo a ogni costo”. Poi però con l’azzurro è finita all’improvviso: “Non so bene perché. Veri problemi non ce ne sono stati. Non piacevo al blocco Juve? Non lo so, non posso dirlo. Ho sempre avuto buoni rapporti con tutti. Secondo me qualcuno ha fatto scelte diverse ascoltando determinate persone”.

La vera storia di Balotelli in azzurro parla di 8 anni di speranze e illusioni: lanciato nel 2010 da Prandelli, cresciuto fino a diventare decisivo agli Europei 2012, SuperMario è andato in calando negli anni successivi. Prima Conte (che lo convocò ma non lo fece giocare) e poi Mancini, che lo fece anche giocare nel 2018 tre partite (Balo rispose segnando all’Arabia Saudita nel giorno del suo rientro, poi giocò anche contro Francia in amichevole e Polonia in Nations League) provarono a riacciuffarlo per i capelli ma la storia di SuperMario in azzurro si era chiusa in realtà nel 2014. Ai Mondiali in Brasile dove partì bene con un gol all’Inghilterra e finì malissimo. La verità è che Balotelli si trovava bene solo con gli scapestrati come lui, ovvero Cassano prima e Insigne poi, e non con i senatori che mal digerivano i suoi atteggiamenti.

Non piaceva che non esultasse dopo i gol perchè, come ha sempre spiegato, avrebbe esultato solo dopo il gol decisivo in una finale mondiale. Non piaceva che si sentisse da Pallone d’oro senza aver mai dimostrato di meritarlo. E l’ultima verità non detta è proprio sul boicottaggio in azzurro. Dopo l’eliminazione nei gironi ai Mondiali 2014 per mano dell’Uruguay, Pirlo riunì tutta la squadra negli spogliatoi per annunciare il suo ritiro dalla Nazionale. Tutti zitti a sentire il suo accorato discorso. Tutti tranne uno: Mario Balotelli che aveva le cuffie nelle orecchie.

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