Non ha smesso di fumare, anzi. L’assenza forzata dalle panchine, dopo le dimissioni dalla Lazio, l’ha reso ancor più nervoso. Maurizio Sarri confessa alla Gazzetta la sua voglia di rientrare in pista (“Spero prima di gennaio. Dipenderà dalle situazioni, dalle offerte che riceverò, dalle motivazioni. Dalla telefonata che mi trasmetterà più adrenalina”) e si propone pubblicamente.
Tra le panchine più traballanti c’è quella di Fonseca, Sarri dice e non dice: “Il Milan? Mi sembra brutto parlarne in questo momento, serve rispetto. Fonseca è un buon allenatore e un uomo di livello: è all’inizio di un percorso ed è giusto che stia sereno”. Poi svela il suo desiderio: “Il Boca Juniors sarebbe un sogno finale, folle, non so se realizzabile. Qualche partita alla Bombonera sarebbe una esperienza unica”.
Un pizzico di invidia il tecnico di Figline lo prova per Thiago Motta e Conte. Non accetta paragoni con la sua Juve e chiarisce: “Sono due film diversi. Quando sono arrivato io, non c’erano i presupposti per una rivoluzione culturale. Ora invece ci sono. Siamo all’inizio, ma Motta ha la volontà di fare qualcosa di diverso. Non so in che tempi, ma Giuntoli vincerà anche con la Juve. È un direttore che capisce velocemente idee e caratteristiche dei giocatori ideali per il suo allenatore. E poi ha un coraggio immenso, che trasmette a squadra e staff. Per la stima che ho di Cristiano, sono certo che avrà avuto le sue ragioni per dare una svolta così secca”.
Da un’ex all’altra, ovvero il Napoli. Di Antonio Conte dice di essere “ammirato dalla sua capacità di far investire i suoi club, oltre a essere un grandissimo allenatore. Il Napoli ha costruito una squadra forte e Antonio realizzerà un ciclo importante. Non so se vincerà subito, ma la storia di Conte è quella. De Laurentiis? Caratterialmente è impulsivo, sotto la sua gestione il Napoli è cresciuto e gli sarò sempre grato per avermi fatto allenare la squadra del cuore. I suoi silenzi sorprendono, ma spero sia l’inizio di qualcosa di positivo. De Laurentiis passa per non essere generoso, ma a Natale faceva sempre regali importanti”. Quindi le scuse. “A Christian Maggio. L’ho già fatto personalmente. La mia ultima partita a Napoli coincideva con il suo addio agli azzurri. Preso dalla voglia di chiudere a 91 punti, non l’ho fatto entrare”.
L’addio alla Lazio
Infine capitolo Lazio: “Non sono pentito. Per me era un momento di fragilità interiore e personale. C’erano situazioni che non mi piacevano. In quei casi: o rinnovi l’allenatore o lo esoneri. O il tecnico si dimette. E io l’ho fatto”.
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