Quando parla non si può fare a meno di ricordare cos’era da calciatore. Michel Platini era l’eleganza innata, la fantasia al potere, la classe infinita. Ha smesso troppo presto, a 31 anni, quando ancora avrebbe potuto incantare tutti ma voleva lasciare al top. Intervistato da Tuttosport Le Roi parla della Juve di ieri e di oggi.
Nella Juve trapattoniana portò una piccola rivoluzione: “Magari io e Boniek abbiamo un po’ spinto per giocare in po’ più in attacco, con il supporto di Bettega e Rossi. E in quel periodo avevamo un po’ rotto la tradizione juventina, eravamo un po’ più francesi. Poi nei miei ultimi anni si è tornati a una Juve più bonipertiana e io da venti gol sono passato a due”.
Per molti Allegri ricorda proprio il Trap: “Buffo. Io credo che ci sia un logica: quando non prendi gol hai già portato a casa un punto, invece puoi segnare tre gol e perdere comunque la partita. Io rompevo un po’ i c******i al Trap: ‘Perché non giochiamo un po’ di più, segniamo un gol, ma cerchiamo di farne altri due…’ ma lui aveva una filosofia diversa. Trap era un grande allenatore, perché sapeva come trattare i giocatori era uno psicologo pazzesco”.
Nell’ultimo anno non ha sentito Agnelli (“No, sono questioni personali, so come ci si sente”) ma Platini spende belle parole per John Elkann che per molti sarebbe “poco juventino”: “Sbagliato. Magari non è un grande appassionato come suo nonno, l’avvocato, o come Umberto, ma ci tiene. Si nota che vive con grande serietà l’impegno centenario della sua famiglia nella Juventus. In più ha enormi responsabilità nella gestione delle aziende. Insomma, magari non riesce a comunicarlo bene, ma alla Juventus ci tiene, è vicino al club. Io presidente della Juve? Non me l’hanno mai chiesto. Non penso che adesso me lo chiedano, adesso è un periodo in cui deve risanarsi economicamente prima di pensare solo alla parte sportiva. Ora non è il momento di sognare sul campo, ma tornerà anche quello. È sempre un questione di cicli”.
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