Oggi è il capitano della Juventus e un punto fermo anche della nazionale brasiliana che martedì debutterà con Costa Rica in coppa America ma Danilo ha vissuto anche momenti molto duri nella sua vita e nella sua carriera. Il difensore si confessa a The Player Tribune e rivela le sue debolezze
Dice Danilo: “Sono umano. Non sono sempre stato al mio meglio. Durante la mia prima stagione al Real Madrid mi sentivo depresso. Mi sentivo perso, inutile. In campo non riuscivo a fare un passaggio di cinque metri. Fuori dal campo, era come se non riuscissi nemmeno a muovermi. La mia passione per il calcio era scomparsa e non vedevo una via d’uscita. Mi vedevo come quello che aveva “firmato un contratto da 31 milioni di euro”, come riportavano i giornali. Quando giocammo contro l’Alavés, pochi mesi dopo l’inizio della stagione, Theo Hernández mi rubò la palla e crossò per Deyverson che segnò. Vincemmo 4-1, ma era un errore che al Real Madrid non si può commettere. Non dimenticherò mai di essere tornato a casa quella sera e di non essere riuscito a dormire. Scrissi sul mio diario: Credo sia arrivato il momento di abbandonare il calcio. Avevo 24 anni”.
Sono stati mesi difficili per il difensore: “Non ho detto a nessuno quello che provavo. Casemiro ha cercato di aiutarmi, ma io ho “ingoiato il rospo”, come si dice. E il rospo è diventato sempre più grande. Ma dopo alcuni mesi di sofferenza, ho iniziato a vedere uno psicologo che mi ha davvero salvato la carriera. La lezione più importante che mi ha insegnato è stata quella di vedere il gioco attraverso gli occhi di un bambino. Ho dovuto ricordare le mie radici e la gioia di giocare a calcio non per fama o denaro, ma per divertimento. Se la mia carriera è stata salvata in quel momento, devo ringraziare alcune persone: i miei terapisti e i miei figli. I miei due ragazzi”.
Il rischio di ricadere nella depressione si è ripresentato dopo la pandemia e l’eliminazione chos al Mondiale. “Avrei potuto cadere di nuovo in depressione. Avevo 30 anni. Avrei potuto dire: “Ok, ho avuto una buona carriera. Ma ho già raggiunto il mio massimo. Ora posso rilassarmi. Ma ho fatto il contrario. Ho iniziato a parlare ogni giorno con il mio terapeuta. Ho iniziato a leggere di più. Ho iniziato a sfidare me stesso per essere un leader migliore. Ed è stato allora che tutto si è illuminato per me. Quando ho ricevuto la fascia di capitano alla Juventus è stato un grande onore. Ma quando ho ricevuto quella del Brasile, è stato qualcosa di diverso. Un onore immenso, incomparabile”.
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