Antonio racconta il padre Giuseppe: dal licenziamento in Ferrari al mito Panini. “Scelse Velasco perché capì subito che era un vincente”.

Dietro ogni figurina c’è una storia. E dietro ogni storia, un uomo che ha saputo trasformare un’intuizione in un simbolo italiano. Giuseppe Panini, il “padre” delle figurine, oggi rivive attraverso le parole del figlio Antonio, che in un’intervista alla Gazzetta dello Sport ha riaperto l’album dei ricordi.
Dalla Ferrari alla storia
Modena, anni Cinquanta. Giuseppe Panini lavora come garzone in un forno della Ferrari. Una mattina si siede su un secchio e venne licenziato. Un episodio che, paradossalmente, cambiò tutto. «Papà diceva che quel giorno è nato davvero l’imprenditore», racconta Antonio. Da lì, la rinascita: la tipografia di famiglia, le prime bustine, la magia delle figurine. Quel colpo di genio che trasformò un semplice adesivo in un rito collettivo: bambini e adulti uniti nella caccia al doppione mancante. Una rivoluzione culturale prima ancora che commerciale, con Modena al centro di un sogno che avrebbe attraversato generazioni.
L’uomo che non sapeva fermarsi
Giuseppe Panini non era solo un imprenditore. Era un visionario, un uomo che sapeva leggere il futuro. Mentre le figurine diventavano fenomeno globale, lui guardava altrove, verso un altro campo: quello della pallavolo. Nel 1966, insieme ad alcuni amici, fondò la Pallavolo Panini Modena, squadra che nel giro di pochi anni divenne un simbolo dello sport italiano. «Papà non faceva le cose per immagine, ma per passione», ricorda Antonio. Fu lui a credere nel progetto, a finanziare la nascita del club con 400.000 lire e a creare un modello che univa impresa e sport, talento e disciplina.
Velasco, la scommessa vincente
Tra le tante intuizioni, una spicca ancora oggi: Julio Velasco. L’argentino arrivò a Modena in un momento di transizione. Panini lo accolse con fiducia, vedendo in lui qualcosa di diverso. «Non è stato lui a scoprirlo, ma capì subito che Velasco avrebbe cambiato tutto», spiega Antonio. Il resto è storia: scudetti, Coppe, e la nascita della “generazione di fenomeni” che avrebbe portato la pallavolo italiana ai vertici mondiali.
La filosofia di un visionario
Dietro ogni scelta, una visione: lo sport come veicolo di valori. Giuseppe Panini credeva nel gruppo più che nel singolo, nella costanza più che nel clamore: era un uomo che preferiva suonare la fisarmonica a cena con la squadra piuttosto che stare sotto i riflettori.«Aveva sofferto da giovane, sapeva che la vita è fatta di cadute e di risalite», ricorda Antonio. «Forse è per questo che amava così tanto lo sport: perché racconta la vita meglio di qualsiasi impresa».
L’eredità
Oggi, a cento anni dalla nascita, la storia Panini resta una delle più italiane di sempre. Le figurine sono diventate patrimonio collettivo, ma dietro quel piccolo rettangolo di carta resta la grande lezione di un uomo che ha costruito un impero partendo da un’idea semplice: rendere lo sport una storia da collezionare. Giuseppe Panini non ha solo inventato un prodotto, ha creato un linguaggio. E quando Antonio, oggi, ne parla con rispetto e nostalgia, sembra quasi che stia aprendo un vecchio album: i colori un po’ sbiaditi, ma il valore intatto.





