Dal pragmatismo di Trapattoni alla poesia spallettiana: Torino cambia il linguaggio. La nuova Juventus vuole riscoprirsi grande.

C’è un’eco familiare che torna a risuonare nei corridoi della Continassa. Quella di Giovanni Trapattoni, il tecnico che trasformava il calcio in catechismo: poche parole, tanta sostanza. “Non dire gatto se non l’hai nel sacco”, “la palla è rotonda ma non sempre tonda”. Era filosofia popolare, concretezza lombarda applicata al pallone. La Juventus di quegli anni parlava come lui: sobria, attenta, pratica. Il linguaggio era lo specchio dello stile Juve. Niente eccessi, niente retorica, contava solamente un unica cosa: il risultato.
Spalletti, il barocco del nuovo calcio
Ora però sulla panchina bianconera si affaccia un uomo diverso. Luciano Spalletti non parla, dipinge. Le sue frasi scorrono come pennellate: “voglio fucilate nella notte”, “dentro lo spogliatoio ci devono essere gli shanghai umani”, “la scocca della squadra deve tenere”. Non sono solo parole: sono visioni. L’allenatore campione d’Italia con il Napoli porta una lingua tutta sua, toscana e teatrale, dove il lessico diventa motore emotivo. E alla Juventus, dove per anni si è parlato solo di pragmatismo e risultati, il verbo spallettiano è un terremoto.
Una squadra da risvegliare
Luigi Garlando alla Gazzetta dello Sport lo chiama “la sveglia”: e in effetti la Juve ne ha bisogno, perché finora, più che fucilate, si sono viste ombre e silenzi. Spalletti vuole scosse, coraggio, vibrazioni e desidera che la squadra esprima personalità, che i giocatori trovino parole e gesti nuovi. “Vai a giocare!” diventa un invito alla libertà, non un ordine tattico. Il tecnico di Certaldo non cambia solo il modulo: cambia la mentalità, ma è capace di trasformare il linguaggio in energia, la frase in pressing, la parola in idea di gioco.
Dal “non dire gatto” al “parla, osa, crea”
Trapattoni aveva plasmato una Juve di cemento, Spalletti, invece,sogna una Juve di fame e voce, che parli il linguaggio del calcio moderno, quello dell’identità e del ritmo. La differenza non è solo tra due allenatori, ma tra due epoche: l’Italia chiusa nel suo realismo contro un calcio che oggi vuole raccontarsi, emozionare, far sognare.
La parola come nuova scossa
Alla Juventus serve una scossa dentro e fuori dal campo. Spalletti non porta solo schemi, ma un nuovo modo di comunicare anche in conferenza o nei post partita. Ogni intervista, ogni frase, diventa una miccia per lo spogliatoio. È il calcio delle immagini e delle emozioni, non solo dei numeri. E se “la palla è rotonda”, oggi è anche viva: rimbalza tra le parole di un tecnico che crede che il linguaggio possa cambiare tutto. Anche la Juve.
 
 




