Dal sogno Ronaldo al peso dei debiti: la Vecchia Signora ha speso un miliardo senza più vincere. Elkann pronto a un nuovo aumento di capitale

Otto anni di perdite e quasi un miliardo speso: è questa la fotografia impietosa della Juventus, che tra il 2017 e il 2025 ha chiuso ogni bilancio in rosso. Il club bianconero, simbolo del calcio italiano e marchio globale, è oggi il caso più emblematico del divario tra ambizione sportiva e sostenibilità economica.
Un dominio che ha presentato il conto
Dopo i trionfi del ciclo di Andrea Agnelli, culminati con nove scudetti consecutivi, quattro coppe Italia, cinque supercoppe italiane e due finali di Champions League, la Juventus ha imboccato una strada pericolosa. L’arrivo di Cristiano Ronaldo nel 2018 doveva essere la spinta verso l’élite europea: si è trasformato invece nell’inizio di una spirale di costi sempre più pesanti e risultati sempre meno all’altezza.Tra stipendi monstre, cartellini gonfiati e plusvalenze creative, la Juve ha perso l’equilibrio che l’aveva resa modello di gestione. I numeri sono impietosi: 999 milioni di perdite in otto anni, un rosso che ha obbligato la proprietà Exor a intervenire più volte per evitare il tracollo.
L’ombra della pandemia, ma non solo
Il Covid ha aggravato la situazione, azzerando i ricavi da stadio e merchandising, ma la crisi era già iniziata prima. Le operazioni di mercato sbagliate (da Ramsey ad Arthur, da Douglas Costa al riacquisto di Kean dal PSG) hanno appesantito un monte ingaggi fuori scala rispetto ai risultati. La squadra, intanto, ha smarrito la sua identità. Gli allenatori si sono alternati senza continuità – Allegri, Sarri, Pirlo, poi di nuovo Allegri, Motta e Igor Tudor (esonerato nella mattinata di ieri) – e il progetto tecnico non ha mai trovato una linea stabile.
Exor, l’ancora di salvataggio
Dal 2019 in poi, il gruppo Exor di John Elkann ha versato oltre 600 milioni di euro per tenere in vita la società. Quattro aumenti di capitale in cinque anni (300 milioni nel 2019, 400 nel 2021, 200 nel 2024 e un nuovo intervento da 110 milioni previsto per il 2026) hanno permesso di coprire le perdite e garantire la continuità aziendale. Ma il paradosso resta: la Juventus continua a costare tantissimo, senza più vincere. Le ultime stagioni hanno portato solo misere qualificazioni in Champions, una coppa Italia sotto l’ultima gestione di Massimiliano Allegri e piazzamenti da “grande in difficoltà”.
Una strada in salita
Il piano tracciato da Damienne Comolli e dalla nuova dirigenza punta a riportare il bilancio in pareggio entro il 2027. L’obiettivo è ridurre i costi fissi, valorizzare i giovani e tornare a una gestione sostenibile. Le parole d’ordine sono chiare: meno spese folli, più programmazione. Ma la sfida è enorme. In un calcio che corre verso ricavi sempre più concentrati in pochi top club, la Juventus deve reinventarsi: restare competitiva in campo mentre ricostruisce le proprie fondamenta economiche.
Il futuro tra realtà e ambizione
L’era del “grande nome a ogni costo” sembra chiusa. Oggi a Torino si parla di equilibrio, di una Juve che torni a vincere con intelligenza, non con i bilanci in perdita. La passione dei tifosi non è in discussione, ma anche loro sanno che per tornare ai fasti di un tempo serviranno meno sogni e più visione. Perché un miliardo speso in otto anni non può diventare solo una statistica: deve essere la lezione da cui ricominciare.





