Michel Platini torna a parlare dopo le tante accuse sul suo tornaconto: dieci anni dopo l’addio forzato, parla di calcio e dignità.

Michel Platini è tornato a parlare. A 70 anni, l’ex fuoriclasse di Juventus e Francia rompe il silenzio e si confessa in un’intervista dal sapore di riscatto. Lo fa con la lucidità di chi ha attraversato la gloria, l’accusa e l’esilio sportivo. “Non mi hanno distrutto l’uomo – dice – ma mi hanno rubato dieci anni della mia vita”. Un grido amaro, ma anche orgoglioso, da parte di uno dei più grandi numeri 10 della storia del calcio mondiale.
L’ombra lunga delle accuse
Dopo l’era da dirigente UEFA, Platini ha vissuto anni di processi, sospensioni e sospetti. Uscito pulito dalle inchieste, oggi guarda indietro con amarezza: “Sono stato assolto, ma la mia reputazione è stata messa in dubbio per troppo tempo”. L’ex presidente della UEFA parla di “una giustizia lenta che punisce anche quando non condanna” e rivendica la sua dignità: “Mi hanno tolto il lavoro, ma non la passione. Non mi hanno arrestato, non mi hanno spezzato. Ho resistito”.
“Il calcio non è più quello che amavo”
Platini non nasconde la sua delusione per il calcio moderno, dominato dai numeri e dalla tecnologia. “Le statistiche mi fanno impazzire. Non servono a capire se uno ha giocato bene. Si gioca per emozione, non per percentuali”, spiega. E non risparmia nemmeno gli allenatori: “Oggi i tecnici contano meno. Il calcio è diventato uno show televisivo dove tutto è calcolato, tranne il talento”. Parole da poeta del pallone, ma anche da uomo che si sente fuori dal tempo.
Il legame eterno con la Juve
Poi lo sguardo torna all’Italia, alla Juventus, alla terra dove il suo nome è diventato leggenda. “In bianconero ho vissuto anni irripetibili. Lì ho imparato cosa significa vincere con stile, soffrire con eleganza”. Platini ricorda anche i momenti più difficili: l’impatto con la Serie A degli anni ’80, il rigore di Heysel, il peso del mito. “In campo era tutto più semplice: bastava un pallone per sentirsi vivi”. Oggi “Le Roi” non cerca vendetta, ma verità. “Mi hanno ferito, ma non vinto. Non voglio tornare indietro, voglio solo che si sappia che ero innocente”. Sulle nuove generazioni sorride: “Mbappé? Fortissimo. Ma deve capire che non basta correre, serve pensare. Il calcio è un’arte, non un algoritmo”. Michel Platini resta così: genio, polemico, sincero. Un uomo che ha sbagliato, forse, ma che non ha mai smesso di amare il pallone come fosse una parte di sé.





