Zvonimir Boban torna a parlare del suo legame con il Milan e lo fa senza filtri. Ospite del canale YouTube di Andrea Longoni, Milan Hello, l’ex leggenda rossonera ha ripercorso la sua esperienza dirigenziale, tra progetti interrotti, intuizioni sfumate, silenzi, il rapporto con Maldini e quello non certo semplici con la proprietà.
In avvio di intervista, Boban ammette come oggi la distanza tra Inter e Milan sia ampia ed evidente. Non tanto dal punto di vista tecnico – dove “le qualità non sarebbero così distanti” – quanto nella gestione complessiva. “L’Inter ha un’identità chiara, il Milan no”, ha detto Zvone, criticando l’instabilità tattica e strategica dei rossoneri in questa stagione. “Servono tre o quattro innesti mirati per tornare competitivi”, ha aggiunto, sottolineando l’assenza di una direzione tecnica solida.
Boban torna poi sull’approdo – rivelatosi lampo – nella dirigenza del Milan. Un ritorno romantico, ma anche carico di ambizione. “In sei mesi con Paolo cambiammo 13 giocatori“, ricorda. Ma l’operazione ricostruzione non fu priva di frizioni. Il punto di rottura arrivò dopo l’intervista in cui criticava la linea giovane della società, da lui ritenuta sbilanciata. L’arrivo di Ibrahimovic e Kjaer, a gennaio, fu decisivo: “Avevo detto che da soli i bimbi non possono giocare e in società si inca**arono abbastanza. Però, era così e, soprattutto senza Ibra, quello scudetto non sarebbe mai arrivato”.
Tra i rimpianti più forti e le cose meno comprensibili di quel periodo, Boban cita due nomi oggi al top del calcio europeo come Dani Olmo e Dominik Szoboszlai. “Erano affari chiusi. Per Olmo c’erano 18 milioni più 2 di bonus, per Szoboszlai era pronta la clausola da 20. Avevamo chiuso, poi però dalla società il silenzio. Ci hanno detto di no e bloccato tutto. Non hanno voluto reinvestire quanto incassato con le cessioni di Suso e Piatek”.
Il croato non nasconde il proprio giudizio sulla gestione della nuova società. “Non capiscono di calcio. Per loro il Milan è un asset, non un club. Appiattiscono tutto, anche l’identità del Milan”. Poi, l’accusa di aver voluto rimuovere Maldini perché ritenuto un “ostacolo alla completa gestione aziendale. La cacciata di Paolo è stata vergognosa, inspiegabile anche per loro”, ha detto.
“Paolo non avrebbe mai venduto Tonali, troppo importante non solo in campo ma anche come simbolo”. Boban ricorda come il centrocampista fosse stato fortemente voluto da lui e Maldini, nonostante iniziali difficoltà ambientali. “Era troppo milanista e il primo anno era vero che aveva quasi paura di giocare. Ma serviva solo tempo e si è visto nell’anno dello scudetto”.
Nonostante le difficoltà e l’epilogo amaro, Boban rivendica con fierezza il lavoro svolto in quei sette mesi da dirigente rossonero: “Era un progetto su tre anni. Il primo serviva per fare pulizia, il secondo per dare stabilità e il terzo per ritrovare competitività. Ma dopo tre mesi ci hanno quasi delegittimati. Licenziato per giusta causa? La giusta causa non esiste. Ora dobbiamo solo chiudere in santa pace questa vicenda”.
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