In un’intervista concessa a INews, Tiago Pinto parla per la prima volta da quando ha lasciato la Roma ribadendo subito: “Credo di aver fatto un buon lavoro”. Particolarmente interessante la parte relativa al suo addio e soprattutto alla coesistenza con un personaggio sicuramente ingombrante come José Mourinho:
Quando ho lasciato la Roma ci ho pensato molto e sentivo che era il momento giusto, la fine di un ciclo. Non mi piace il conflitto. Mi lascio coinvolgere in cose che non sono il core business della mia attività ma voglio che allenatore, direttivo, e tutti i reparti siano allineati. Non fraintendermi ma quando lavori con un uomo come Mourinho, con un profilo così importante, è impegnativo. Ed è esigente perché ha vinto tanto e ha standard elevati. Non dimentichiamo che sono portoghese e ho iniziato a lavorare con lui quando avevo 36 anni. Ho imparato molto da lui. A volte sei d’accordo, a volte non sei d’accordo, ma nessuno può minimizzare il grande impatto che aveva alla Roma.
Quindi un retroscena clamoroso sullo Special One:
Ciò che ti colpisce davvero è l’impatto che ha sulle persone. Non importa se sei a Londra, Reykjavik, Dubai o dovunque, ciò che Jose significa per le persone è qualcosa di straordinario. Difficile trovare qualcuno che tocchi il cuore della gente come lui. Un giorno giocavamo a Sofia, in Bulgaria, nella Conference League, la partita era a novembre e il tempo era terribile. Nevicava, faceva molto, molto freddo. Abbiamo vinto 3-2, è stata una partita molto brutta. Abbiamo vinto ma con brutte sensazioni. Tutti volevano solo farsi una doccia, prendere l’autobus e andare all’aeroporto. Nevicava, era mezzanotte e io lo guardavo: aveva fatto 50 metri fino al punto dove c’erano 100 o 200 persone che gridavano per lui. È andato lì, ha fatto foto, ha fatto autografi. Pensavo: “Questo ha vinto 25 titoli, è incazzato per la partita, tutti sono congelati e si prende 15 minuti per fare questa cosa”».
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