29/08/2023 10:59
Il Var (Video Assistant Referee) è diventato obbligatorio in serie A nel corso della stagione 2017-18 e da quel momento sono state molte le polemiche legate all'ausilio del video utilizzato dagli arbitri per prendere le decisioni più cruciali di una partita. Dallo scetticismo iniziale su un sistema che avrebbe rallentato in modo eccessivo le partite, si è passati alle polemiche su come e quando viene utilizzato nel corso di una gara, infatti, spesso e volentieri, gli arbitri sono oggetto di critiche perché, davanti ad una situazione dubbia, evitano di andare a visionare il monitor a bordo campo e si lasciano dirigere nella scelta dall'arbitro presente a Lissone nella sala centrale del Var.
Il Corriere dello Sport, nell'edizione di oggi 29 agosto, prova a fare chiarezza sulla questione e spiega le motivazioni che spingono i direttori di gara ad evitare la corsa a bordo campo per guardare i replay delle azioni. Leggendo il quotidiano si apprende che ogni volta che un arbitro si dirige allo schermo per prendere una decisione, riceve un voto più basso rispetto ai colleghi che non lo fanno, infatti, dopo ogni match i direttori di gara sono sottoposti ad una pagella volta a valutare la loro prestazione e l'ausilio del monitor comporta un meno 0,10 nel voto complessivo. La scala della valutazione va da 8,70 (eccellente) a 8,20 (insufficiente) e quindi questo 0,10 ha un valore altissimo che rischia di rovinare la media voti degli arbitri, che si guardano bene dall'utilizzarlo.
Un meccanismo contorto che complica il difficile lavoro degli arbitri, visto che anche avvalersi del Var per modificare una decisione sbagliata, viene considerato un errore grave da punire con un voto più basso. Un modo per non incentivare i direttori di gara a visionare scrupolosamente gli episodi più dubbi e a lasciar correre per non rischiare di rovinarsi la prestazione e di conseguenza la carriera.
A cura di Massimo Santalucia