Prandelli: "Voglio tornare ad allenare. L'Italia? Ferita ancora aperta"

Cesare Prandelli vuota finalmente il sacco sul suo passato recente. In un'intervista a Sportmediaset l'ex Ct dell'Italia rivela di "aver voglia di una sfida forte, anche impossibile. Ho grandi motivazioni, ma nessuno mi ha cercato. Non credo nei progetti,  è un termine abusato, ma alle sfide anche impossibili. In Italia i progetti funzionano se la base è quella dell'Empoli, del Sassuolo, del Carpi, del Frosinone, del Chievo, realtà che danno il senso della possibilità di fare un lavoro. I grandi club inseguono il risultato e la Juventus è un caso a parte perché ha iniziato a programmare dalla B ed è uno dei pochi club dove i dirigenti fanno i dirigenti 24 ore all'anno". Basta esperienze all'estero: "Ho risolto la mia situazione con il Galatasaray. Fu un errore. Aysal era un visionario che mi parlò del progetto di una Accademy europea. Gli ho creduto, poi si è dimesso e con la nuova dirigenza è cambiato tutto. In ogni caso non mi sento di escludere niente a priori". Quindi sulla Nazionale e la polemica a distanza con Conte: "Ognuno eredita quello che eredita: è successo anche a Lippi e Donadoni e poi pure a me, ma per la mia gestione parlano i numeri. Una volta arrivavano in Nazionale dei leader, adesso è la Nazionale che deve far crescere i giocatori e diventa complicato se devi fare il selezionatore. L’Italia per me è ancora una ferita aperta. Le emozioni di quattro anni così intensi non passano via così e sono ancora forti".