22/01/2022 08:35
L'anno scorso prima dell'infortunio è stato l'uomo in più del Napoli, goleador, trascinatore e assist-man, in questa stagione - per tanti motivi - è partito col freno a mano ma sta tornando ai suoi livelli. Hirving Lozano si confessa al Corriere della Sera e dice subito, senza paure, che il Napoli vincerà lo scudetto. Come arriva quest’anno il Napoli?
«Primo. Giochiamo per lo scudetto, non a nascondino. Il campionato è ancora lungo. Ma siamo forti e dobbiamo guardare più in alto possibile, anche se Inter e Milan che vanno veloci. Noi possiamo reggere il confronto, anzi siamo più forti. Giocatore per giocatore, uomo per uomo: qui il valore è più alto. Gli infortuni ci hanno penalizzato. Il Covid, e io so bene cosa significa, ci ha messi al tappeto. Ma siamo ripartiti e possiamo infastidire tutti. Questo virus ha condizionato il mondo. E anche il calcio ha pagato un prezzo alto, per un atleta la ripresa è difficile».
Lui è stato di recente due settimane in isolamento.
«Una sofferenza emotiva oltre che fisica. Il virus è un mostro invisibile che ti prende la testa. Ero in Messico e avrei voluto trascorrere il Natale in famiglia; invece sono stato chiuso in camera tra mille paure. Mi sono ripreso, non ho smesso di lavorare e i risultati si stanno vedendo».
In estate l’infortunio all’occhio nella Gold Cup in Messico.
«Momenti di terrore, il dolore era fortissimo. Ho temuto di perdere l’occhio. E non volevo rassegnarmi all’idea che non avrei più potuto giocare a calcio. I medici sono stati tempestivi e rassicuranti, poi mi hanno rivelato che il mio occhio era stato a rischio. Una paura che mi sono portato dentro per tanto tempo: la ferita bruciava e ad ogni contrasto temevo il peggio».
Con Spalletti si trova bene
«Spalletti è il motivatore, l’allenatore di grande esperienza che non soltanto ti dice che bisogna lavorare, ma è il primo a farlo. Mi rimprovera, ma capisco che vuole spronarmi. So anche io che posso dare di più, devo farlo per me stesso e per questa maglia che indosso. “Fai il diablo”, mi dice. Devo aggredire l’avversario».
Il suo soprannome è il Chucky dai tempi del Pachuca, ma non c'entra la bambola assassina
«Le bambole che conosco sono quelle con cui gioco con mia figlia. Il Chucky è quello che fa gli scherzi ai compagni per spaventarli. E ci riesco bene. Manolas e Elmas ne sanno qualcosa. Però in campo niente scherzi. Quando Spalletti smetterà di rimproverarmi vorrà dire che sono diventato come Koulibaly, un esempio di rigore e professionalità».
Il suo agente Raiola non sta bene
«A Mino voglio un gran bene e lui ne vuole a me. Abbiamo un rapporto umano oltre che professionale. Ho pregato per lui, ci siamo sentiti e sta molto meglio».