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E il San Paolo diventò il San Carlo, Napoli stregata da Ancelotti

26/08/2018 10:53

E il San Paolo diventò il San Carlo, Napoli stregata da Ancelotti |  Sport e Vai

“Ora cambia Hamsik e mette Diawara”. “No, ora toglie Insigne e mette Mertens”. “Mario Rui non sta bene, sposterà Hysaj a sinistra”. Niente di tutto questo: i cambi fatti da Ancelotti, che hanno rivoluzionato il Napoli che stava perdendo per 2-0 col Milan, hanno segnato la rottura definitiva col passato. Nella notte magica di Fuorigrotta il San Paolo è diventato il San Carlo e Ancelotti s'è preso l'amore di una tifoseria che era rimasta finora un po' freddina, sia per una campagna acquisti al di sotto delle aspettative sia per l'atteggiamento troppo filo-aziendalista del tecnico. In mezzora Re Carlo ha cancellato gli scetticismi, ha restituito entusiasmo alla città, ha dato un'iniezione di fiducia a tutta la squadra e ha dato scacco matto all'allievo Gattuso. Maestro, sì, stavolta non suoni come blasfemia. Ancelotti ha azzerato i retaggi dell'era sarriana, quando si sapeva in anticipo chi e a che minuto sarebbe uscito e chi sarebbe entrato, ha dato un calcio all'integralismo cambiando moduli a seconda dei momenti. Zielinski avanzato al fianco di Milik, poi via un centrocampista – Hamsik – e dentro una punta, Mertens, che andava a sovrapporsi a sinistra con Insigne. Poi dentro Diawara per dare fisicità ed equilibrio e quando s'è fatto male Mario Rui nessuna paura nell'inserire il giovane Luperto a sinistra. Ed ecco la rimonta, ed ecco Zielinski accendere il San Paolo e Mertens farlo esplodere. Non è andato tutto benissimo, sia chiaro, la difesa balla ancora, c'è da registrare qualcosa nella distanza tra i reparti, non si possono subìre due gol con due tiri in porta presi, e non si possono sbagliare neanche troppi gol se crei tanto ma dopo due giornate questo Napoli sta mostrando di cambiare pelle. E di saperlo fare bene. Attenzione, però, questo non è “il Napoli di Ancelotti”. Sottile, ma importante, il distinguo fatto ieri dal tecnico in sala stampa: “Non è il mio Napoli. E' il Napoli dei tifosi e del presidente, io do il mio contributo. Non ho mai pensato che una squadra che ho allenato fosse mia. Sono qui per emozioni forti, fortissime come queste prime due che ho vissuto, cose che non ho provato nell'ultimo anno". Non è solo un atto di modestia, è un modo per dire che lui ha accettato quel che gli è stato offerto. Il sottinteso è che, fosse per lui, servirebbe più un Cafu che un Hysaj, più un Benzema che un Milik ma nessuna lamentela. Ancelotti proverà a fare l'impresa con un gruppo senza top-player di nome, che con lui miglioreranno. E le emozioni arriveranno ancora: per lui e per tutti. C'è da scommetterci.

Stefano Grandi


Tags: napoli ancelotti mertens

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