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Bianchi: Lasciai Napoli per non vedere la fine del mio Diego

24/11/2021 09:05

Bianchi: Lasciai Napoli per non vedere la fine del mio Diego |  Sport e Vai

Domani ricorre il primo anniversario della morte di Maradona ma il lutto a Napoli non è mai finito. In occasione della ricorrenza, in tanti ricordano la figura del fuoriclasse argentino ed anche Ottavio Bianchi, l'allenatore del primo scudetto azzurro, si confessa parlando a Il Messaggero

Gli dicevo: Diego adesso basta allenamento, vatti a fare la doccia, siamo qui da due ore. E lui niente. Dicevano che Diego si allenasse poco e male: frottole. Semmai il contrario. Non voleva uscire mai dal campo, si divertiva troppo. E pur di non tornare negli spogliatoi, si metteva in porta a parare. Anche se pioveva a dirotto e c’era tutto fango, anzi meglio, si tuffava con più gioia: me lo voglio ricordare così, allegro, che si rotola nelle pozzanghere mentre è quasi buio, e ride felice col sua palla, almeno lì lontano dalle pressioni mostruose che aveva. Il mio povero Diego».


    «Avevo un bel rapporto col suo preparatore Signorini, con lui provai a parlare a Diego, erano colloqui serrati, tentavo di dissuaderlo, di dirgli che se avesse percorso quella strada poi avrebbe avuto tanti problemi nella vita… Finché un giorno, senza guardarmi negli occhi e mangiandosi le unghie, mi disse a bassa voce: mister, lei ha ragione, ma io non posso che vivere così, devo avere sempre il piede sull’acceleratore. Mi sentii enormemente solo e sfiduciato, capii che non contavo più niente e sarei dovuto rimanere al Napoli ad assistere allo scempio, così decisi di andarmene. Da Napoli e da Diego».

    «Maradona aveva pressioni insostenibili, pazzesche è dir poco, nemmeno una persona con una grande preparazione culturale le avrebbe sopportate. Ma ho avuto la fortuna di godermelo, e me lo ricordo così, nella sua genuinità. Con me e con i suoi compagni era un uomo eccezionale, spontaneo. Bastava dargli il giocattolo, la palla, e andava in estasi, era pura gioia. Non gli ho mai, dico mai, sentito rimproverare un compagno, nemmeno le riserve, mai ostentava la sua superiorità che era enorme. Era un genio e un uomo semplice. E si allenava da matti, perché più uno è un asso più lavora, come i grandi musicisti. Voi avete visto i suoi gol celebri, da metà campo o su punizione, di mano… ma non sapete che non erano gesti estemporanei, erano cose che noi vedevamo tutti i giorni, il colpo a effetto non era casuale ma frutto del lavoro. E ci trascinò a quelle vittorie indimenticabili, trovando anche una squadra disposta a seguirlo, con fame di vincere.».


Tags: napoli Bianchi maradona

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