06/05/2021 14:57
Nella sua seconda e pacificata vita, il calcio per Roberto Baggio è ridotto a un sottofondo. Un rumore lontano, per l’esattezza 17 anni, quelli che sono trascorsi dal suo ritiro non soltanto dal campo ma dal sistema tutto. A Emanuela Audisio, che lo ha intervistato per la storia di copertina del Venerdì di Repubblica in edicola domani, Baggio ha aperto le porte del suo buon ritiro vicentino e dei suoi sentimenti. "Mettiamoci d’accordo" dice a un certo punto: "quelli che senza pallone si sentono appagati e felici sono dei falliti?”. Lui proprio no, ecco. “Lasciare il calcio mi ha ridato vita e ossigeno. Spacco la legna, uso il trattore e la sera sono così stanco che mi gira la testa “ continua il Divin Codino, uno dei suoi celebri soprannomi diventato il titolo del film che Netflix rilascerà il prossimo 26 maggio.
"Il calcio così è tristissimo; al di là della qualità, dell'importanza e dell'interesse delle partite, senza tifosi è veramente triste. Credo che non solo io ma tutti quelli che hanno fatto parte nella mia epoca sarebbero felici di giocare un calcio dove gli attaccanti sono protetti dalle nuove regole. I 9,15 metri per le punizioni sarebbero piaciuti anche i miei tempi".
Un’intervista definitiva, quella di Audisio, nel quale il calcio è ridotto a ricordi: belli come l’amore ricambiato con Firenze, dolorosi come quello dell’amico Paolo Rossi (“la sua morte è stata ingiusta, si era rifatto una vita anche lui, meritava di avere più tempo”), ruvidi come quello di Arrigo Sacchi (“non mi portò agli Europei del ’96 per dimostrare che gli schemi sono più importanti dei giocatori. Non è arrivato ai quarti…“.) E poi sì, certo, tra la natura, gli alberi da potare, le lettere che ancora gli arrivano a migliaia da tutto il mondo, l’amore per la moglie e per i figli, c’è naturalmente quel rigore di Pasadena. Neppure il buddismo è servito per dimenticarlo.