09/01/2023 14:03
Ri-accolto da molti come la soluzione per i mali che affliggevano la Vecchia Signora, da altri come l'ennesima minestra riscaldata destinata a fallire. Dopo un anno di rodaggio, e con ancora grandi margini di miglioramento, la seconda avventura di Massimiliano Allegri alla Juventus sta dimostrando quanto Andrea Agnelli avesse ragione.
Anche solo lo scorso ottobre nessuno si sarebbe potuto immaginare che la Juventus sarebbe arrivata alla sfida dello Stadio Maradona col Napoli a giocarsi una fetta importante di una pazzesca rincorsa scudetto. La Juventus sembrava una nave in balia della tempesta, reduce da una prestazione "imbarazzante" per stessa ammissione dell'ormai ex presidente Agnelli, in casa del Maccabi Haifa e dava l'addio anzitempo alla Champions League.
Da consumato lupo di mare quale è, tuttavia, Allegri ha saputo riportare il veliero in porto, conducendolo anche attraverso la bufera causata dalle dimissioni del CDA. Ha incassato la piena fiducia di John Elkann, diventando il punto di riferimento dell'area sportiva e assumendo, alla fine, quel ruolo da allenatore-manager alla Ferguson a cui da sempre puntava. Ma, nel concreto, come ha fatto?
Il suo gioco potrà essere criticato e criticabile, ma al tecnico livornese va dato atto di avere una grandissima capacità: quella di saper toccare le corde giuste nei propri giocatori. Sa stimolarli a livello psicologico e addirittura rigenerarli: non è un caso, ad esempio, che Adrien Rabiot stia vivendo la sua migliore stagione da quando è approdato a Torino, tanto da riaprire un prospettive di rinnovo (va in scadenza a giugno 2023) che sembravano del tutto tramontate.
Ma non solo. Checchè ne dicano i suoi detrattori, Allegri sa come gestire i giovani, spingendoli a rendere al meglio senza cadere nella "superbia", tipicamente giovanile, di chi sa di essere talentuoso e vive di rendita. Ed ecco, infatti, spuntare i vari Fabio Miretti e Nicolò Fagioli, ma anche un Moise Kean tornato alla base con "6 kg di meno ma una testa più pesante", per usare le stesse parole del Mister.
Un altro tassello fondamentale di questa "rivoluzione allegriana" è senza dubbio la svolta tattica. Privo per tutta la stagione di Paul Pogba, e con un Leandro Paredes per larghi tratti deludente, Allegri ha dovuto fare di necessità virtù, spostando il fulcro del gioco dal centro del campo alle fasce. Dal 4-3-3 ipotizzato in estate, quindi, spazio al 3-5-2.
Il cambio di disposizione tattica non ha solo permesso di esaltare le doti da corridore di Filip Kostic, attualmente miglior assistman della Juventus con 6, ma ha ridato nuova linfa a tutto il pacchetto difensivo. Bremer ha ritrovato la difesa a 3 con cui tanto bene aveva fatto al Torino, Danilo si è confermato il solito leader carismatico e preciso negli interventi e persino Alex Sandro, ai margini del progetto bianconero, sta vivendo una sorta di rinascita sportiva.
Vincerle tutte, ovviamente, sarà impossibile. Di conseguenza, Allegri dovrà essere bravo a gestire il primo stop che, fisiologicamente, arriverà. Il rientro dei pezzi da 90 che ancora sono fuori (leggasi Paul Pogba e Dusan Vlahovic, il cui rientro dovrebbe coincidere con i primi di febbraio) aiuterà, ma sarà questo il vero test per Max: mantenere compatto il gruppo ed evitare che finisca per disunirsi di nuovo, sciupando l'ottimo lavoro fatto sino a qui.
La sfida di venerdì sera contro il Napoli darà una prima risposta a questo quesito, finisca come finisca.
A cura di Roberto Ciucci