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Pineda: Il 5 maggio non giocai contro Juve, non volevo fare biscotti

12/07/2020 10:07

Pineda: Il 5 maggio non giocai contro Juve, non volevo fare biscotti |  Sport e Vai

Il 5 maggio del 2002 per tutto il mondo è sempre stato sinonimo di suicidio per l'Inter di Cuper che perse con la Lazio e consegnò lo scudetto alla Juve ma le dichiarazioni a La Nacion di Mauricio Pineda, ex giocatore dei friulani con un passato anche nel Napoli, aprono squarci inquietanti. Pineda sostiene che quella gara tra Udinese e Juve, vinta dalla squadra di Lippi, fu...un biscotto. Al giornalista de La Nacion che dice "Di recente hai raccontato alcuni casi di proposte di corruzione nel calcio italiano", Pineda infatti risponde così. “I primi sei mesi nell’Udinese sono stati fantastici e ho fatto molto bene. Ora mi hanno chiesto perché ne sto parlando dopo 20 anni, ma non capisco quale sia la sorpresa. Nessuno me lo ha mai chiesto, oltre al fatto che sono scomparso dall’ambiente. La Juventus, che è un gigante, è stata retrocessa. Luciano Moggi, che era l’amministratore delegato, era un dio del calcio. Ma fu sanzionato e non divenne mai più un manager. Molte teste sono cadute. Nel 2002, l’Udinese, che era già salva doveva giocare l’ultima partita contro la Juve, che aveva bisogno di vincere per forza. L’Inter di Cúper perse a Roma contro la Lazio. La Juventus vinse con l’Udinese 2-0 e divenne campione. Io avevo giocato ogni partita e quella volta non giocai. Non volevo fare “biscotti”. Qualche giorno prima, dissi che mi tirava un muscolo e non giocai. Sono sempre stato molto chiaro. E se me lo avessero chiesto prima, lo avrei detto senza problemi. È venuto tutto alla luce. È tutto provato”.

  In carriera Pineda non nasconde di aver amato la bella vita: "Oggi non avrei potuto essere un calciatore professionista. Fino all’età di 18 anni non avevo bevuto una goccia di alcol. Ma poi ho iniziato a uscire, era normale che mi piacesse. Non rimpiango nulla. In Italia ero single e ho fatto la vita che volevo. Uscivo, andavo a ballare, sia a Udine che a Napoli e Cagliari. Città con una sola squadra. Eravamo famosi allora. E su 20 giocatori  c’erano forse 10 sposati e 10 single. Di quelli, eravamo in quattro o cinque di noi che uscivamo. Sono scelte di vita, anche se ovviamente poi le paghi fisicamente. Non ero Riquelme, conoscevo i miei limiti e li nascondevo nel miglior modo possibile. La mia condizione fisica era la chiave e ho realizzato tutti i miei sogni legati al calcio". Oggi ha 44 anni e vive a Santo Tomè al confine con il Brasile, con sua moglie Macarena e i loro figli Luca e Malena. “Mi sono completamente allontanato dal calcio e ho optato per un altro stile di vita. Sono andato a vivere in campagna nella tranquillità assoluta. Mi sono dedicato per più di 10 anni al bestiame. Oggi ho venduto tutte le mucche e ho investito nei pini che in questa zona producono molto. Onestamente, questa è una vita che mi riempie. Vedo come i miei figli crescono in pace. Non abbiamo grandi cose in città: non ci sono cinema, non ci sono lussi, non c’è shopping. Ma siamo felici. Due volte alla settimana, alle 20:30, vado a giocare a calcio con i ragazzi e poi facciamo un barbecue. I miei figli vanno a tennis, danza o lezioni di inglese e facciamo tutto in modo semplice. Ora ho imparato ad amare gli animali, ad alzarmi alle 7 del mattino e andare a cavallo. Qui sono molto felice".


Tags: juventus 5 maggio pineda

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