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Federer: Io come Totti e Valentino, specie da proteggere

11/04/2016 12:47

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«Dieci anni fa avevo un unico desiderio: essere ancora competitivo a 34 anni. Ed eccomi qui. Anche se è difficile da credere, sento di avere ancora traguardi da raggiugere. La mia storia d’amore con il tennis non è finita». In una lunga intervista al Corriere della Sera Roger Federer si confessa e si rapporta ad altri immortali dello sport come Totti e Valentino Rossi: “è vero che, in un certo senso, apparteniamo a un’altra specie. Io, Francesco e Valentino incarniamo i nostri sport. Quello che hanno fatto loro per calcio e motociclismo, non ha eguali. Sono esempi, icone, storia contemporanea. Nessuno può dirci quando smettere, è una decisione talmente intima e personale. Totti vuole continuare? Ne ha il diritto e io faccio il tifo per lui. Con me è sempre di una gentilezza imbarazzante: anche quest’anno, se verrò a Roma, gli chiederò dritte sui ristoranti. Rossi non lo vedo da un po’ però sono convinto che la stagione scorsa, sia pure con quel finale amaro, gli abbia dato nuove motivazioni. E poi li chiamano veterani...». Lo svizzero torna dopo un lungo stop: «Ero a casa da un mese e mezzo, in convalescenza. Quando mi sono messo a fare le valigie, mi sono scoperto emozionato come un ragazzino. Questa è la mia diciottesima stagione da pro. Posso permettermi di giocare meno, ma meglio. Parigi, Wimbledon, l’Olimpiade: è un anno intenso e voglio godermelo. Il tennis non dura in eterno: verrà il tempo di riposare e di occuparmi a tempo pieno dei miei figli. Più crescono, più ci sarà da fare. Sono quasi pronto, ma non ora. Gli infortuni ti fanno riflettere. Prima dell’anestesia, e al risveglio, mi sono sentito fragile, indifeso. Siamo tutti di passaggio: il mio mondo poteva finire lì. Ero impaurito, emozionato, preoccupato. Quando mi sono rimesso in piedi, con le stampelle, ho fatto i primi passi incerto come i miei bambini quando hanno imparato a camminare». Federer esclude di aver pianificato tutto, compreso il giorno dell’addio: «Mi piace essere organizzato, ma non esageriamo. Non tutto ciò che mi riguarda è già stato deciso. Al dopo tennis penso, certo, senza che diventi un’ossessione. Quando mi sveglierò e mi accorgerò che la motivazione non è più lì con me, quello sarà il giorno giusto per dire basta. Sono fortunato a poter scegliere. Coach, commentatore, opinionista: non escludo nulla. Il tennis, compatibilmente con la famiglia, è e resterà il mio mondo. Da ragazzo mai avrei immaginato, nemmeno nei miei sogni più proibiti, di avere così successo. Speravo di vincere un titolo di Wimbledon, ne sono arrivati sette; di diventare numero uno del mondo (è rimasto in vetta 302 settimane, di cui 237 consecutive ndr ). Le magie si fanno largo lentamente, una dopo l’altra. Se finisse qui, sarebbe fantastico. Ma non mi pongo limiti e soprattutto non vivo nel passato». L’elvetico torna sul caso doping di Maria Sharapova: «Non mi piace parlare di doping nel nostro sport, ma mi rendo conto che negli ultimi due mesi il tennis non abbia goduto di ottima pubblicità... Cosa posso dire? Non sono mai stato approcciato per vendere i match né conosco colleghi che mi abbiano mai raccontato di averlo fatto. Di quella storia mi sfugge qualcosa: era fumosa e poco chiara dall’inizio, un gran polverone con poca sostanza ed è finita nel nulla. Della Sharapova, ho detto: pensavo annunciasse il ritiro, non una positività. Ma la sua storia dimostra che i nomi grossi non sono al sicuro. Nessuno lo è. Continuo a pensare che i campioni di sangue dovrebbero essere conservati per dieci anni e che chi bara andrebbe punito retroattivamente. Contro il doping non si fa mai abbastanza però, a costo di sembrare ingenuo e fino a prova contraria, mi fido dei colleghi”.


Tags: totti federer sharapova

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