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Calciomercato Napoli, Mazzarri: Rifiutai una proposta indecente per restare

29/01/2014 11:15

Calciomercato Napoli, Mazzarri: Rifiutai una proposta indecente per restare |  Sport e Vai

Il calciomercato, i suoi rapporti con De Laurentiis, la rivalità con Conte, i suoi anni al Napoli. Ha parlato di tutto Walter Mazzarri nella sua autobiografia, scritta con il giornalista Alessandro Alciato. Il tecnico dell’Inter ha rivelato anche di aver rifiutato una cifra blu per rimanere in azzurro, fedele all’idea di aver dato tutto ormai alla causa partenopea: “Il segreto sul mio addio è rimasto tale fino all’ultima giornata di campionato: Roma-Napoli 2-1, il 19 maggio 2013 allo stadio Olimpico. Anche se il 12 maggio il presidente De Laurentiis aveva intuito, tentando il colpo di teatro. Pardon, di cinema. Dovevamo giocare al San Paolo contro il Siena. Prima della partita è venuto nel mio stanzino facendomi una grossa offerta economica, una specie di proposta indecente. Voleva restassi, a tutti i costi (è proprio il caso di dirlo). Ma non era una questione di soldi. Se ne stavano andando gli stimoli. I ragazzi si cambiavano, noi due ci siamo appartati, mi ha messo un foglio davanti e una penna in mano, voleva firmassi per poi annunciarlo alla gente.  Ma non era il caso. Ho detto no, spiegandogli che avrebbe dovuto attendere ancora sette giorni per conoscere le mie decisioni. Non volevo per nulla al mondo che si sapesse ufficialmente che me ne sarei andato. Non lì, non quel giorno. Il vero dovere di un allenatore è raggiungere il massimo con la propria squadra e, siccome i match da affrontare erano ancora due, pretendevo quegli ultimi sei punti in palio”. Mazzarri ancora oggi ritiene di non essere stato apprezzato abbastanza a Napoli: “Il paradosso è che mentre la squadra non si fermava, io pensavo allo stop. Il capolinea all’orizzonte. Ogni settimana ero sempre più convinto di lasciare. Nello spogliatoio nessuno chiedeva notizie, sapevano che mi sarei arrabbiato molto. E avrei negato con tutte le mie forze, anche nel periodo in cui pareggiavamo spesso, quando dalle tribune qualcuno iniziava a rumoreggiare, urlando: «Mazzarri dimettiti». Cori poco carini, indirizzati a me, con tanto di cognome per evitare che venisse confuso il destinatario.  Mentre li sentivo avevo la netta sensazione di aver dato all’ambiente più di quanto mi stesse restituendo, poi a mente fredda ho capito: la stragrande maggioranza dei veri tifosi napoletani resterà per sempre innamorata di me.  Da quelle parti tornerò ogni volta a testa alta, nonostante ci sia una parte di stampa purtroppo in malafede, giornalisti irrisolti e speaker radiotelevisivi con poca dignità che sperano vadano male le cose per ricamarci sopra, proprio mentre fanno finta di stare dalla tua parte. Per quattro anni, invece di apprezzare il mio lavoro per la causa, mi hanno fatto la guerra. Semplicemente perché non li ho mai considerati”. Altro punto caldo del libro è il suo rapporto con l'allenatore della Juve: "Si è molto favoleggiato su questo aspetto. Quando arrivò alla Juve cambiò sistema e lo feci notare: non tutti capirono che si trattava di un complimento". Poi la Supercoppa: "Fece dichiarazioni inopportune, ma mi è rimasto il dubbio che non fossero del suo sacco: Antonio è meglio di certe sue parole del passato. In Supercoppa abbiamo perso ai tempi supplementari, 4-2 per loro, ma non digerirò mai i modi in cui è maturata quella sconfitta. La partita è finita undici contro nove e ovviamente i nove eravamo noi, dopo le ingiuste espulsioni di Pandev e Zuniga... Eravamo talmente furibondi che non ci siamo presentati alla premiazione... Un giocatore della Juventus protestava con un guardalinee? Non accadeva nulla. Ha protestato Pandev? Cartellino rosso. Ancora oggi penso che il Napoli non abbia perso quella Supercoppa, mi sarebbe piaciuto rigiocare la finale ad armi pari. Si poteva soccombere ma non in quel modo. La disparità di valutazione è stata clamorosa, da lì è nata la scelta, ponderata, di disertare la premiazione. Si era appena toccato il fondo e volevamo che il mondo se ne accorgesse In quel momento ho pensato di non allenare più”.

Stefano Grandi

 


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